Tragedia in Marmolada? «Va messo in croce chi nega le cause ambientali profonde che stanno alla base di eventi di questo genere»

Tragedia in Marmolada? «Va messo in croce chi nega le cause ambientali profonde che stanno alla base di eventi di questo genere»

Vicenza, 4 luglio 2022 – «Io credo che dopo la tragedia di ieri sulla Marmolada serva un cambio di passo. Non ci si può limitare a piangere i morti ma bisogna capire quali siano le cause profonde alla base del disastro».
A parlare in questi termini è MARCO MILIONI: vicentino, firma fissa di Vicenzatoday.it, Milioni è un giornalista d’inchiesta che da tempo segue alcuni dei dossier ambientali più spinosi del Nordest. Quanto accaduto ieri sulle Dolomiti al confine tra Bellunese e Trentino sta scuotendo l’opinione pubblica italiana ed europea. In queste ore le informazioni sono in parte ancora frammentarie ma pare che anche il Vicentino abbia pagato, tra dispersi e vittime accertate, il suo tributo di sangue. Un tributo che «deve obbligarci a una seria riflessione» spiega Milioni ai taccuini di Lineanews.it che sta dedicando alla vicenda molto approfondimenti.

Dunque Marco, come si può commentare a caldo quanto accaduto sulle Dolomiti? Che cosa sta succedendo in queste ore?
«In queste ore si sta cercando di dare un nome a tutte le vittime e un nome a tutti gli scomparsi. Ovviamente da parte di tutti e delle autorità in primis è stato espresso il dovuto cordoglio per i familiari di chi non c’è più. Allo stesso modo doverosamente è stata lodata la macchina dei soccorsi. Ma se ci si ferma qui assisteremo all’ennesima tragedia all’italiana in cui il dramma non ci insegna alcunché».

Perché?
«Mi pare ovvio. Oggi mi è bastato ascoltare il premier Mario Draghi, il governatore veneto Luca Zaia e quello trentino Maurizio Fugatti per capire che c’è poca voglia di comprendere e di intervenire sulle cause profonde alla base di questa tragedia, che non è una disgrazia».

Sì, ma a che cosa ti riferisci?
«Il primo a finire sul banco degli imputati dovrebbe essere il modello di sviluppo che l’Occidente e il mondo in generale sembra aver abbracciato da decenni. Uno sviluppo che funziona a energia fossile che poi è alla base del cambiamento climatico, leggi effetto serra, che sta causando questa deriva. Ecco: io avrei voluto sentire parlare di queste cose oggi».

E poi?
«E poi ci sono gli altri fattori cosiddetti clima-alteranti dei quali il nostro Veneto è maestro. Basti pensare alla cementificazione che da quarant’anni macina terra, aria e acqua. Il nesso c’è e non va occultato».

Sarebbe a dire?
«Le alluvioni degli anni passati, la siccità di questi mesi, la tragedia di ieri, le montagne che si sbriciolano, sono aspetti strettamente interconnessi. Ogni volta che si parla, per esempio, di una grande opera, di un grande piano di lottizzazione o degli effetti di un cementificio, i danni collaterali vanno misurati anche nel conto delle vittime come quelle decedute o disperse sulla Marmolada, il cui ghiacciaio da anni si sta riducendo. Per cui sul piano morale chi per esempio in questi mesi è favorevole a quello sgorbio che si vorrebbe costruire a passo Giau sul piano morale si ascrive al club dei responsabili dell’inferno di ghiaccio che ha spezzato quelle vite».

Ma non è esagerato esprimersi in questi termini?
«Non è esagerato un corno. La cosa è sotto gli occhi di tutti. In queste ore mi sarei aspettato per esempio una presa di posizione della politica veneta contro il consumo del suolo. E invece…».

E invece?
«E invece sull’argomento è calato il solito silenzio. Segno che le lobby continuano fare il loro dovere».

Quali lobby?
«Chi realizza grandi opere, i cavatori, coloro che operano nella speculazione fondiaria. Perché nessuno tra coloro che abitano ai piani alti della classe dirigente del Nordest denuncia lo scandalo per cui nel Veneto come in Italia gli oneri che i costruttori pagano sono schifosamente bassi da costituire una delle basi per la depredazione del territorio?».

È un andazzo che va avanti da anni?
«Sì. Chiaramente alcuni aspetti sono strettamente locali. Ci lamentiamo di rischiare un default alimentare e poi la terra i veneti se la vendono per poi costruirci capannoni inutili per molti, utili alle tasche di pochi. Questo è un aspetto strettamente nostrano. Un modello di sviluppo sballato è un problema che riguarda quasi tutto il mondo. Ma non si capisce però perché i Paesi consumistici, per un benessere finto, debbano precludere il futuro di Paesi più virtuosi il futuro delle future generazioni».

E la stampa come si sta comportando?
«Premesso che le colpe sono ben sparse sia in alto che in basso rispetto alla piramide sociale anche la stampa, quando evita di fare le pulci al sistema diventa sé medesima pezzo del sistema».

Puoi fare un esempio?
«Basti pensare a quei colleghi che parlano di ambientalismo adolescenziale ogni volta che si pongono questioni del genere. Ovviamente giornalisti incompetenti e giornalisti pronta cassa fanno parte del pacchetto, ma l’opinione pubblica deve cominciare a saper selezionare le notizie. Occorre essere critici, occorre confrontare più fonti».

Però è un approccio faticoso. O no?
«Sì, ma per cosa bisogna fare fatica altrimenti?».

Senti Marco oltre alle questioni di ordine generale però ce ne sono di altre. Per esempio a fronte delle mutate condizioni climatiche serve ripensare il turismo montano?
«Sì, anche se va ripensato tutto il turismo. Comunque i cambiamenti climatici sono un fatto e di conseguenza in diversi ambiti serve un approccio più rigoroso».

Che cosa intendi nel concreto?
«Per molte ascensioni per esempio occorrerebbe un check-in obbligatorio in cui si comunica nome cognome, telefono, riferimento di cari o familiari: meglio se l’ascensione o il trekking avvengono con una guida specializzata che approva o meno l’itinerario solo in presenza di un semaforo rosso da parte, per esempio dell’agenzia ambientale regionale. Le Arpa hanno ottimi uffici meteo, tanto per dirne una».

Ma questo approccio sarebbe capito?
«La montagna non è uno struscio per esibire completini tecnici acquistati nel negozio alla moda o su Amazon come va per la maggiore adesso. Se la destinazione è di un certo tipo l’approccio deve essere consapevole».

Ripeto, ma sarebbe capito un approccio del genere?
«Ma insomma, se tu vuoi salire sul Pico, parlo delle Azzorre in Portogallo, devi agire così. Non mi pare che l’Italia abbia una tradizione alpinistica inferiore a quella portoghese».

E quindi?
«Bisogna anche cambiare la testa a molti escursionisti. Ora tralasciando i deficienti che vanno a tremila metri con l’infradito, per quelli serve un esorcismo, vogliamo parlare di tante persone iscritte al Cai? Dovrebbero avere una sensibilità ecologista spiccata. E invece intendono la montagna solo come un autodromo in rilievo in cui si parte da un punto A e si arriva a un punto B. Se chiedi loro di commentare come è stata ridotta, per esempio, la fascia pedemontana del Vicentino o del Trevigiano, stanno zitti perché hanno tutti un parente geometra».

E ora che succede?
«Io credo che alla fine andrà tutto in cavalleria perché ragionare fino in fondo su quanto accaduto impone a noi tutti di mettere in discussione tante o poche certezze. Poi ovviamente c’è l’aspetto penale che rimane in ballo».

Come stanno le cose in questo senso?
«Da quanto si apprende dai media e da quanto filtra in queste ore sono stati aperti due fascicoli. Uno dalla procura trentina per disastro colposo. Un altro sarebbe stato aperto dalla procura bellunese anche se non si conoscono esattamente i reati ipotizzati. Tra gli aspetti che occorrerà valutare ce n’è uno in particolare».

Quale?
«Occorrerà capire se la salita alla Marmolada dovesse essere interdetta in ragione di eventuali segnali di pericolo già visibili. È una partita complessa. So che Europa verde presenterà un esposto in sede penale. Io credo che sia una scelta corretta perché eventuali condotte illecite vanno perseguite. In questi casi però chi scrive le denunce deve avere la forza di coltivare l’azione penale. Altrimenti si rischia di rimanere al palo».

In queste ore si sente spesso usare, in forma di iperbole l’espressione “montagna assassina”. A che cosa pensi in questo caso?
«Appunto è una iperbole che serve per dare enfasi ai titoli. Chiaramente non è la montagna ad essere assassina. Alle volte è l’escursionista imprudente, oppure c’è la colpa di chi non segnala certi pericoli. Ora mi aspetto che qualcuno titoli Marmolada, modello di sviluppo assassino. Mi aspetto invece molti silenzi».

Chi dovrebbe farsi sentire tra coloro che non hai citato?
«Il ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani. Da mesi continua con questa solfa della transizione graduale. Detto da lui è grave».

Perché?
«Perché è un fisico. Fisici, biologi e geologi, hanno davvero il polso della situazione. Se non lanciano l’allarme è perché sono complici».

E gli intellettuali che ruolo giocano in questa partita?
«Hanno tutti un approccio economicista. Economia per economia però se canti le lodi di questo modello di sviluppo e non racconti i sottoprodotti o meglio i rifiuti di questo modello sei scorretto».

Come mai?
«Perché alla fine questa narrazione si regge sull’occultamento di queste sopravvenienze passive».

Cioè?
«Il sistema sul quale ci reggiamo alla fin fine è un falso in bilancio. Che non può durare in eterno».

Ci sono giornalisti di lungo corso come Federico Rampini che ti darebbero del catastrofista. Tu che dici?
«Ad uno che fino a qualche libro fa diceva che la finanza era malata e l’ecosistema pure risponderei solo con una pernacchia. I Rampini di turno possono ingannare i loro lettori. Ma la seconda legge della termodinamica no. Non la inganni, non la cambi per decreto legge. Nemmeno se il premier si chiama Mario Draghi».

Che cosa diresti se dovessi in questo caso condensare il tuo pensiero in una battuta?
«Va messo in croce chi nega le cause ambientali profonde che stanno alla base di eventi di questo genere. Il resto è complice brusio».

3 Comments

  1. alessandra corradi

    Un applauso di 10 minuti tutto in piedi!!!! Grazie di questa intervista! E speriamo in una mobilitazione dei consiglieri regionali di opposizione che sono 8 su 41 e anche se ci provano non possono farcela però ci sono anche le associazioni i comitati e i cittadini che da qualche anno fanno “resistenza” ambientale – pensiamo alla marcia dei 6000 per il parco della Lessinia, pensiamo alle Mamme No Pfas, al comitato di Lozzo Atestino e a quanto si battono per la tutela dellbiente in Veneto. Inoltre l’esposto dei Verdi è molto importante. Se poi ci anche giornalisti che fanno inchiesta sul tema siamo a cavallo 🙂 grazie.

  2. tittafazio

    Lo scandalo sono le parole dei responsabili del disastro di chi sta trasformando Cortina in una Disneyland. Sperpero di denaro, violenze alla montagna, piste da bob insulse e dispendiosisime. Per non parlare di quanto avviene in pianura!

  3. Alessandro

    Dal mondo della scienza arrivano informazioni diverse, a cominciare da Rubbia.
    Gli amministratori pubblici dovevano capire, informarsi e prendere delle decisioni risolutive.
    Questa sera uno scienziato friulano, sul TG Rai del Friuli Venezia Giulia, ha spiegato bene che le decisioni per l’emergenza devono essere prese subito. Dai politici che amministrano la Regione.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.