Libertà di stampa – I giornalisti italiani: no ai “bavagli” e basta con il precariato

Libertà di stampa – I giornalisti italiani: no ai “bavagli” e basta con il precariato

Martedì 16 gennaio 2024, è stato pubblicato in tutti gli spazi di informazione dei media italiani: dalle testate tradizionali di “carta” ai TG nazionali e regionali, dai giornali web alle radio nazionali e regionali. Si tratta di una delle iniziative concordate nella conferenza nazionale dei CdR (Comitati di Redazione, ovvero le rappresentanze sindacali aziendali dei giornalisti) dello scorso 3 gennaio, insieme alla FNSI (Federazione Nazionale della Stampa Italiana) e alle associazioni della stampa regionali (tra cui anche il Sindacato Giornalisti del Veneto), per reagire ai continui bavagli che per via normativa alcune forze politiche tentano di mettere all’informazione. A questo si aggiunge la battaglia contro l’imperante precariato che toglie futuro, sia occupazionale e sia professionale.
Con i “bavagli” e togliendo i diritti al lavoro giornalistico (salario, contratto, malattia, ferie …) si comprime il diritto e il dovere di cronaca, minando le basi dell’articolo 21 della Costituzione, che conferma la libertà di espressione e di informazioni quale pilastro di una società democratica e inclusiva.

Il testo è condiviso pienamente dai giornalisti che contribuiscono a Lineanews.it, la nostra piccola agenzia di stampa che in grandi ristrettezze tenta di offrire all’opinione pubblica veneta e triveneta alcune inchieste su ambiente e giustizia sociale, grazie anche al sostegno del Collettivo “Tina Merlin”.

IL TESTO DELLA LETTERA DEI GIORNALISTI AI LETTORI E AI CITTADINI

Care lettrici, cari lettori,

il 19 dicembre scorso la Camera dei deputati ha approvato una modifica al codice di procedura penale per vietare la pubblicazione delle ordinanze cautelari, integrali o per estratto, fino al termine dell’udienza preliminare. Il testo, presentato da Enrico Costa (Azione), è stato votato da tutto l’arco parlamentare, ad eccezione di M5S, Pd e Alleanza Verdi e Sinistra.
Se anche il Senato dovesse approvare la norma, l’autonomia dei giornalisti sarebbe compressa. Saremmo costretti a essere meno precisi, analitici e verificabili nel racconto di un atto che è pubblico come la privazione della libertà personale, con il rischio di sapere molto poco fino all’udienza preliminare, diversi mesi o anni dopo il presunto reato.

Solo due esempi di inchieste giornalistiche che hanno trovato, nella libertà di informare, ragioni per arrivare alla verità e dare giustizia: il caso di Stefano Cucchi, la vicenda della funivia precipitata dal Mottarone. Ne sarebbero danneggiati tutti: i cittadini che fruiscono le notizie, i magistrati, i legali di parte e chi è sottoposto alla misura cautelare.

Dopo la riforma Cartabia sulla presunzione di innocenza, la pdl Balboni sulla diffamazione che prevede ammende smisurate, la stretta di Nordio sulle intercettazioni, questo è l’ultimo tentativo di minare la corretta informazione e si aggiunge a uno scenario reso sempre più fragile negli ultimi anni dall’aumento del precariato nel mondo del lavoro giornalistico con pezzi pagati pochi euro, dalle centinaia di stati di crisi con i quali gli editori hanno depauperato le redazioni e dal costante arretramento economico per un contratto ormai fermo da anni.

Un giornalista libero è un giornalista che non ha bavagli, ma che è anche sicuro del proprio futuro lavorativo. Respingiamo con forza il sottinteso che esiste dietro questa norma. I giornalisti raccontano e non inventano, non sono «manettari», ma anzi contribuiscono a rendere vivo il campo della democrazia con il loro lavoro di controllo su ogni potere. E non agiamo nell’illegalità: siamo sottoposti a un insieme di regole penali, civili e regolamentari/ordinistiche che determinano la nostra professione. Per la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, le Associazioni Regionali di Stampa e i Comitati di redazione, quindi, questo è l’ennesimo bavaglio all’informazione, oltre che rappresentare un ulteriore squilibrio nel nostro sistema giuridico e costituzionale. Il testo approvato va al di là delle disposizioni europee e viola l’articolo 21 della Costituzione.

L’amministrazione della giustizia in privato è sempre una sconfitta per la democrazia. Da qui la richiesta al Presidente della Repubblica Mattarella di non firmare una legge con una norma di questo tipo. Diciamo no alla censura di Stato e siamo pronti a mobilitarci con tutta la categoria fino allo sciopero generale per rivendicare l’identità e la dignità della nostra professione, ma soprattutto il diritto di voi lettrici e lettori di avere una giusta e corretta informazione.

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