Riceviamo e ospitiamo la nota della presidente di MovimentiAmoci Vicenza, Emanuela Natoli, che da anni critica una serie di pratiche patriarcali e omertose anche nelle istituzioni. Purtroppo in questi tempi estivi, di ferie e vacanze, esplodono le tensioni familiari e troppi uomini violenti si scagliano contro mogli e figli. Leggiamo l’analisi e l’esperienza di coloro che hanno vissuto in prima persona questi drammi e che oggi aiutano altre donne a difendersi da un mondo ancora troppo patriarcale e classista!
«Se le istituzioni, a partire dalla magistratura e dai servizi sociali, spesso e volentieri non proteggono le vittime di reati compiuti in famiglia, come si può pretendere che una donna o un figlio denunci la violenza patita? La feroce violenza istituzionale, alla quale sono esposte le vittime, madri in primis, dopo le loro
denunce vengono indirizzate agli uffici competenti è ciò che da anni andiamo segnalando all’opinione pubblica: sfidando critiche ipocrite, polemiche costruite ad arte, attacchi vigliaccamente feroci.
Proprio per questo non ci stupisce che tre povere donne residenti nel Vicentino, tanto apprendiamo dalla stampa veneta in queste ore, pur sottoposte a vessazioni e violenze non abbiano avuto la forza di
denunciare i propri aggressori. Sappiamo come gira la giostra in quelle famiglie in cui l’uomo, il padre, il parente prossimo hanno scelto la strada del sopruso su madri e figli.
Molte di noi sono testimoni di fatti specifici.
Molte di noi sono vere e proprie sopravvissute insieme ai propri figli.
Molte di noi sono sopravvissute a questa ferocia e quindi continueremo a lottare perché la verità emerga. Ma la situazione che viviamo da anni è anche il frutto avvelenato di scelte infauste prese a livello
legislativo.
Fin dalla approvazione della vergognosa legge 54 del 2006, una legge che de facto facilita le condotte anche in odore di pedofilia, una legge che in origine era stata pensata per disciplinare la materia
del cosiddetto affido condiviso infatti, si è costituito un potente sistema di ridefinizione della violenza domestica. Infatti in molti, in troppi tribunali, si parla solo di conflittualità mentre in tantissimi dimenticano che le condotte di molti padri violenti sono condotte non solo abiette ma che si concretizzano in veri e propri reati.
In contesti del genere finisce che le vittime sono condannate alla relazione obbligatoria con il loro aguzzino, finalizzata a restaurare ad ogni costo i legami familiari in nome dell’astratto maggiore interesse del minore. Una nozione che non solo è sbagliata, ma che si porta appressa il puzzo del sospetto di essere stata concepita in maniera politicamente delinquenziale.
Di conseguenza, così stando le cose, le madri che tentano di tutelare i propri figli da abusi e violenze sono definite alienanti, non collaborative, tanto che secondo certi magistrati, certi consulenti, certi assistenti sociali, queste donne vessate si rivolgono alla giustizia con denunce strumentali per secondi o terzi fini. Purtroppo è da un bel po’ di tempo che alcuni settori della giustizia si sono incamminati in questo malnato solco fatto di cultura omertosa e patriarcale.
Spesso e volentieri sono le istituzioni a obbligare aguzzino e vittima ad un doloroso, per le vittime, percorso comune: che sfibra le donne e i figli vittima di violenza, danneggiando queste ultime pure sul piano economico. Perché la donna in casi del genere nove su dieci vive una condizione svantaggiata rispetto al compagno. Il che denota un atteggiamento di certa giustizia non solo maschilista, ma
pure schifosamente classista. Per questo noi donne di Movimentiamoci non smetteremo mai di lottare e di denunciare la deriva di alcuni pezzi delle istituzioni».
Per contattare la presidente dell’associazione MovimentiAmoci potete scrivere alla e-mail: movimentiamocivicenza@gmail.com
Da tempo sono più vicina a movimentiAmoci e maternamente che ad altre associazioni quali centri antiviolenza.
Il motivo è semplice, ormai le donne madri hanno paura, spesso dopo una denuncia per violenze inizia per loro un calvario che purtroppo i centri antiviolenza spesso tacciono e non è il silenzio che aiuta le donne, le madri a uscire da un circuito che le vede sempre più a subire altre violenze da quelle degli ex e dalle istituzioni stesse.