Rosà (Vicenza), 28 maggio 2020 – Mercoledì scorso verso le due del mattino, giungeva al 112 una richiesta di aiuto da parte di una donna che si presentava come un’appartenente alla “nota” famiglia romena dei POPESCU. La stessa, riferiva di essere vittima di minacce di morte da parte di alcuni connazionali, i quali asserivano di essere già in viaggio dal comune di Ravenna, per giungere presso la sua abitazione di Rosà.
L’operatore radio informava immediatamente il Vice Comandante della locale Stazione Carabinieri che, conoscendo la richiedente, il suo nucleo familiare e i “recenti trascorsi storici” che vedono questa famiglia coinvolta in una faida con altre famiglie romene di origine rom, sfociata in agguati di sangue e intimidazioni di tipo mafioso, che perdura da un paio di anni.
Il Comandante con due militari si recava immediatamente presso la residenza della donna dove nel frattempo erano già giunte due pattuglia del N.O.RM. di Bassano del Grappa a cui la richiedente spiegava sommariamente l’accaduto e mostrava dei video di minaccia pubblicati su Facebook.
Al termine del racconto, mentre i militari decidevano sul da farsi, sopraggiungeva a forte velocità, un potente SUV BMV con quattro soggetti a bordo.
L’auto, i cui occupanti non si avvedevano della presenza dei militari, si fermava bruscamente di fronte alla casa dei POPESCU e tutti gli occupanti scendevano gridando frasi incomprensibili ai militari.
I carabinieri, subito intervenivano e li sottoponevano a perquisizione durante la quale, nell’auto, rinvenivano 3 spranghe in metallo e pietre di grosse dimensioni.
Le persone fermate venivano identificate in S.B., italiano 25enne di origini rom, I.C., romeno 30enne, B.S., italiano di origini rom 25enne e T.R., romeno 28enne, tutti pluripregiudicati.
Gli aggressori venivano condotti presso il Comando Compagnia Carabinieri di Bassano del Grappa mentre la vittima, in sede di denuncia, riferiva che da mesi, era vittima di un tentativo di estorsione da parte di alcuni connazionali che, per permettergli di vivere in Italia pretendevano fosse versata loro una somma in denaro pari a 50.000,00 euro. Poiché aveva rifiutato di versare questi soldi, i connazionali organizzavano la spedizione, preannunciando il loro arrivo, con dei video pubblicati su Facebook.
Ricostruita la vicenda, le risultanze delle indagini fino a quel momento acquisite, venivano accolte senza riserve dal P.M. di turno, presso la Procura della Repubblica di Vicenza, dottoressa Cristina Carunchio, che disponeva il trasferimento dei quattro arrestati alla casa Circondariale di Vicenza.