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Vicenza, 2 marzo 2021 – Lunedì prossimo sarà l’otto marzo la giornata dedicata al dibattito sulla questione femminile. La Festa della Donna, celebrata con il dono di mazzetti di mimosa alle esponenti del gentil sesso, sia in famiglia, sia al lavoro, ad alcuni non piace affatto: anzi, la Festa della Donna è considerata una presa per i fondelli. Di seguito pubblichiamo un intervento del Collettivo Donne Incuranti e di Movimentiamoci Vicenza che
POTERE ALLA CURA, POTERE ALLE DONNE
Chi ha pagato e continuerà a pagare i costi dello smantellamento dello Stato sociale saranno le donne, i loro bambini e le persone più fragili (sarà un caso che hanno pensato ad un Ministero della disabilità?
La pandemia ha solo fatto esplodere una situazione già molto critica.
Due dati che rappresentano solo la punta di dell’iceberg: quello della perdita/rinuncia al lavoro delle donne, un lavoro già molto precario se non nero nella maggior parte dei casi, i numeri della violenza domestica e dei femminicidi.
Nè il femminismo e neanche la politica di chi pretende rappresentare le donne, quella paritaria per intenderci, riesce a vedere che leggi e politiche apparentemente “paritarie” in realtà stanno attaccando le donne come madri perché sono più vulnerabili e ricattabili attraverso i bambini ma anche tutte le altre a partire dal proprio sesso.
L’applicazione della legge 54 che di fatto impone la bigenitorialità è diventato il nuovo mezzo per imporre violentemente la Patria Potestà, la considerazione dei bambini solo come oggetti di spartizione e utilizzati nei tribunali come armi di ricatto e infine come accessori di pena quando affidati ai padri violenti o sbattutti in comunità.
Le richieste sul Recovery fund fatte da donne che pretendono rappresentare altre donne mostra molto bene come la differenza della cultura femminile sia considerata un handicap qualcosa di degradato e al quale sottrarsi o da affidare ad altri (i famosi caregiver!) per mettersi a disposizione in un mercato del lavoro che ugualmente le sfrutta e a maggior ragione ne ha bisogno, mentre tutti si riempiono la bocca della parola “cura” considerata così necessaria proprio durante la pandemia.
Dove e quando viene restituito alle donne il circa 40% del lavoro gratuito di cura senza il quale non sarebbe possibile il lavoro produttivo? E dove e quando le donne possono con autorevolezza stabilire ciò di cui hanno veramente bisogno? Altro che “conciliazione”!
Lavorare fino al nono mese di gravidanza, prevedere i nidi 0-3, andare in pensione a 67 anni, non è forse un progetto per vacche da allevamento intensivo che distrugge i legami sociali e squalifica il valore della cultura femminile della cura necessaria ai legami e alle relazioni rappresentate dal legame materno e che riguardano tutti? Non sono forse questi continui attacchi e squalifica di ciò che più rappresenta l’umano la fonte del degrado e violenza nelle relazioni sociali in tutti gli ambiti?
C’è dunque uno spazio politico che non ha presenza e che chiede di essere rappresentato, nessuna da sola potrà farlo, ma molte donne si sono messe in marcia ed hanno visto ciò che la politica femminile della parità non vuole vedere: il fallimento di una visione che nega e squalifica la differenza delle donne e che non corrisponde a nessun potere reale come è facilmente riscontrabile nella gestione della punta dell’iceberg di questo generale feroce attacco alle donne: i femminicidi. L’antiviolenza rinchiude le vittime, donne e bambini in “prigioni” chiamate rifugi e vengono finanziati invece interventi per gli uomini maltrattanti che non godono di nessuna evidenza di efficacia, attraverso i quali i violenti guadagnano sconti di pena.
Vi invitiamo ad occupare con noi questo spazio !
– Abbiamo bisogno di un welfare di comunità efficiente che riscriva e finanzi modelli partecipati di assistenza integrata socio-sanitaria che mettano al centro la scelta delle donne e le fragilità da assistere. Non abbiamo bisogno di voucher da spendere nel mercato del welfare a buon mercato. Ogni politica assistenziale non può che integrare competenze a misura della persona. I Consultori vanno potenziati e non è più sufficiente una politica sanitaria basata sui diritti riproduttivi. Le donne sono differenti e la scienza ha chiarito che prevenzione, diagnosi e cura devono tenere presente la differenza sessuale in tutti i percorsi assistenziali.
– Il lavoro di cura, per chi lo sceglie, va remunerato. Molto spesso la precarietà ed i bassi salari determinano l’abbandono volontario del cattivo lavoro. Non c’è segregazione se ogni donna può scegliere di dedicarsi ai lavori di cura così come per le donne e per ciascun cittadino dovrebbero essere alternative assistenziali disponibili valide e di qualità. Chiunque decida di occuparsi di cura deve potere disporre di articolazioni orarie del lavoro flessibili e comunque inferiori.
– La parità ha generato la fatica impossibile dell’essere madre. Ma non è la condivisione con il padre che può risolvere. Un congruo numero di congedi di maternità andrebbe alle madri per condividerli oppure no, con l’obbligo di accettazione da parte paterna. L’estrazione gratuita di cura, quota di PIL enorme, ci vede comunque impegnate nella responsabilità della dipendenza e della fragilità. Il lavoro di cura, per chi vuole, va remunerato.
– Ripristino del pre-pensionamento delle donne come riconoscimento del lavoro di cura.
– Abolizione della legge 54 che ha ripristinato, nei fatti, la Patria potestà.
– Contrasto all’allontanamento delle vittime di violenza e dei loro bambini nei cosiddetti rifugi, sostegno materiale alle vittime (lavoro, casa, ecc.). Ridefinizione delle misure di controllo e contenimento dei maltrattanti (braccialetti elettronici, legge antimafia…) e quindi ridefinizione degli obiettivi e modalità di trattamento dei violenti presso i Cam.
– Costituzione di un ministero della depatriarcalizzazione.
firmato
CollettivoDonneIncuranti
MovimentiAMOci Vicenza