Vicenza, 9 novembre 2020 – Renato Ellero, «veneziano ma vicentino di adozione», già docente di diritto penale all’università di Padova, già senatore della Lega a metà degli anni ’90 che poi abbandona, ha una idea molto precisa della così detta protesta «contro le chiusure che è andata in scena di recente». Ne giustifica «solo una parte minore», identificandola come uno strumento delle opposizioni per cercare di impensierire «un governo» al quale riserva comunque delle staffilate non indifferenti.
- Professor Ellero, da giorni si moltiplicano in piazza le manifestazioni degli esercenti che protestano contro le misure restrittive del governo. Ce ne saranno ancora?
«È possibile, sì».
- Lei che che cosa pensa di queste manifestazioni?»
«Tranne una minoranza che rispetto e che ha delle buone ragioni, per gli altri provo solo fastidio».
- Perché?
«Perché sono per lo più evasori fiscali. Poi ce n’è un’altra parte che ha aperto una attività solo perché i comuni negli anni hanno mal amministrato la pianificazione del commercio dopo la cosiddetta deregulation europea. Così c’è chi si è inventato barista o pizzaiolo confidando appunto nella zona grigia, magari facendo affidamento su una azienda coi conti traballanti in partenza, o peggio confidando nella elusione, nella evasione tout-court, perfino nel riciclaggio dei capitali sporchi. Chi ha dichiarato tutto invece e riceverà un indennizzo appunto sul dichiarato ovviamente non farà incassi ma non avendo molte spese potrà sfangarla. Chi al fisco non ha dichiarato nulla si vede messo al bando: chi è causa del suo mal pianga se stesso mi verrebbe da dire».
- Le mafie temono il lockdown?
«Fermo restando la chiusura apre loro degli spazi di manovra notevoli, a partire dalla usura e dalla infiltrazione nelal economia sana dico di sì, le mafie temono il lockdown. Lo temono quando riciclano i capitali nella cosiddetta movida. Un esempio in tal senso viene dalla protesta che in certi settori, si pensi a Napoli ma non solo, è stata pesantemente infiltrata dalla malavita che è montata in groppa a chi ha manifestato civilmente anche se vibratamene il proprio dissenso perché di cose che non vanno ce ne sono. Le parla uno che al governo Conte non le manda a dire».
- Per esempio?
«Per esempio lo scandalo del mancato aggiornamento del piano pandemico. Una vergogna che va avanti dal 2006 e che tutti governi da destra a sinistra hanno volutamente taciuto per chissà quali inconfessabili patti siglati coi più alti vertici della burocrazia ministeriale».
- E poi?
«E poi ci sono tante cosucce di cui il ministro della sanità Roberto Speranza dovrebbe parlare. Il perché dell’appoggio allo zaiano di ferro Domenico Mantoan, già numero uno della sanità veneta, a presidente della Agenzia del farmaco o a presidente della Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. Ricordo a tutti il coinvolgimento di Mantoan nel cosiddetto affaire Montisci, il diniego di Mantoan nei confronti del professor Andrea Crisanti, virologo dell’università di Padova, per un piano di monitoraggio a mezzo tamponi verso gli asintomatici in Veneto, cosa che peraltro si sarebbe potuta replicare a livello nazionale, una ipotesi che lo stesso governo ha fatto cadere colpevolmente nel vuoto. Come vede io non sono appiattito sul premier Giuseppe Conte. Ma c’è un ma».
- Quale ma?
«Se i leader della opposizione centrodestra cavalcano la protesta per cercare di evitare che la gente pensi al fallimento delle politiche di destra e centrodestra in una Lombardia messa alla corda e alla giusta gogna da inchieste giudiziarie e scempi gestionali d’ogni sorta, se Matteo Salvini della Lega e Giorgia Meloni di Fdi urlano al complotto dei poteri forti sperando poi nella caduta di Conte in modo che questo poi venga sostituito da un nuovo esecutivo retto da un succedaneo di Mario Draghi, la quintessenza dei poteri forti, allora a me girano le palle».
- Davvero?
«Veda lei. È evidente che Fdi e Lega, col supporto di certi ambienti americani, subappaltano all’estrema destra il caos in modo da rendere inevitabile un nuovo esecutivo: un ircocervo in cui vorrebbero sedersi pure loro con l’obiettivo di mangiucchiare di qua e di là».
- Sì professore comunque prima o poi si dovrà votare. E le urne possono tranquillamente decretare la fine di questa alleanza di governo in favore di una di centrodestra o di destra. O no?
«Certo che è possibile. Così l’Italia per l’ennesima volta sarà tornata alla casella di partenza».
- Che significa?
«Il fatto che il M5S e la Lega, perché è indubbio che una parte dei voti intercettati dai cosiddetti populisti o sovranisti sia ascrivibile a chi è giustamente stufo del sistema, abbiano fatto poco e spesso male, come anche gli altri partiti per vero, questo non significa che nel Paese, come in mezzo mondo non si avverta la necessità di un cambiamento radicale: un cambiamento in cui le istanze della collettività e quelle della lotta al degrado ambientale siano davvero al centro rispetto agli interessi privati».
- Ma?
«Ma queste istanze per diamine devono essere declinate correttamente, non con cazzate tipo la guerra ai vitalizi. Perché altrimenti si finisce in un sul de sac».
- Lei per caso si riferisce al fatto che se chi protesta lo fa spesso solo per sostituire gli attuali profittatori del sistema con i profittatori della propria schiatta allora non si va da nessuna parte. È così?
«Esatto. Serve rompere questo sistema che però si ripresenta sempre come è un circolo vizioso. Lo scrissi nel mio libro dedicato all’affaire Montecarlo».
- Sì però professore questo avvicendarsi di profittatori non è una caratteristica antropologica più che politica? In fondo è la tesi del sociologo Vilfredo Pareto il quale afferma che la storia altro non sia che un cimitero di élite che si avvicendano l’una all’altra. Lei è d’accordo?
«D’accordo un corno. Tesi del genere si ripetono continuamente nella storia e di solito le distilla chi vuole giustificare un determinato assetto di potere. Si chiama giustificazionismo. Io ho militato nella Dc, poi nella Lega, poi mi sono allontanato dai partiti per ragioni che molti conoscono: non sono mai stato uno di sinistra. Però negare, più o meno velatamente, che la società possa e debba essere più equa, con argomenti più o meno scaltri più o meno fascistoidi è un trucchetto che mi ha fatto sempre vomitare. Sia che a usarlo fossero intellettuali di rango come comunque lo era Pareto, sia che oggi lo faccia il sovranista analfabeta di turno seguace di Steve Bannon».
- Insisto, però può succedere tranquillamente che alle prossime elezioni la destra o il centrodestra vincano. O no?
«Certo che può succedere. È chiaro che in quel caso le aperture dell’Europa nei nostri confronti verrebbero meno. E non sto parlando di una Europa come panacea visto che anche le lì le storture abbondano. Il nostro Paese comunque non ha la pezzatura e la forza per fare da solo. Il che è in parte anche colpa di noi italiani».
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