Vicenza, 13 luglio 2021 – Il segretario generale della CGIL vicentina Giampaolo Zanni esprime innanzitutto la “vicinanza dell’organizzazione alla famiglia di Andrei, colpita dalla tragica morte del proprio caro”.
Prosegue poi dichiarando che “risulta davvero inaccettabile che un giovane di 24 anni possa perdere la vita per un colpo di calore, e che per questa ragione servono norme e relativi controlli della loro applicazione al fine di prevenire che si ripetano fatti analoghi”.
Conclude il suo commento ai fatti “auspicando che si ascolti la richiesta della famiglia di Andrei e che si riaprano le indagini relative alla morte del giovane apprendista in modo da far piena luce su quanto è accaduto”.
Le indagini vanno riaperte perché è evidente il collegamento del decesso con il caldo sofferto da Andrei sul lavoro. Lo certificano l’autopsia e l’allarme climatico della Regione. Lo chiede la famiglia Gutanu. Per la Cgil l’attività lavorativa in cantiere doveva essere sospesa per il caldo!
LA DISPERAZIONE DELLA FAMIGLIA
“Dalla famiglia si alza un grido di dolore e disperazione per una decisione ritenuta ingiusta”.
Con queste parole l’avvocato Adriano Caretta di Vicenza, che assiste i familiari della vittima, si è rivolto direttamente al Procuratore Capo di Vicenza dott. Lino Giorgio Bruno per chiedere la riapertura delle indagini.
LA TRAGICA VICENDA
Andrei Gutanu, apprendista muratore di 24 anni, è morto per un colpo di calore a fine giugno 2019, dopo aver lavorato ininterrottamente per tre giorni consecutivi sul tetto di un’abitazione civile a Marano Vicentino dove era allestito il cantiere edile della ditta Corte Costruzioni Srl. In quei giorni era stata diramata l’allerta meteo per caldo torrido dalla Regione Veneto.
Il terzo giorno il lavoratore è collassato a terra e dopo ulteriori tre giorni di agonia è morto.
Le cause della morte sono inequivocabili essendo state accertate dal medico legale che ha eseguito l’autopsia e individuate nell’esposizione a elevate temperature ambientali sul luogo di lavoro.
Ciò nonostante, secondo le indagini svolte dal servizio di prevenzione Spisal dell’Ulss7 Pedemontana, non ci sono state responsabilità di terzi.
L’AVVOCATO CENSURA LO SPISAL ULSS 7
Conclusioni censurate dall’avvocato Caretta che le considera “lacunose, insufficienti, non hanno tenuto conto delle circostanze di fatto e di rischio note e conosciute, hanno ignorato le prescrizioni di precise norme di sicurezza”. Secondo l’avvocato infatti, lo Spisal non ha considerato quanto prescrive il Piano di prevenzione nazionale degli effetti del caldo sulla salute e le linee di indirizzo emanate in questi casi dal Ministero della Salute, nè avrebbe valutato l’adeguatezza del Piano operativo della sicurezza del cantiere tenuto conto dell’heat index (indice di calore) in uso presso i Servizi di Prevenzione e che indicava in quei giorni un rischio elevato, oltre ad altre prescrizioni raccomandate in queste situazioni. Da qui le conclusioni giudicate errate emerse dalle indagini. Ciò nonostante, la Procura non è andata oltre e ha chiesto l’archiviazione cui si è opposta la famiglia.
IL GIP RESPINGE LA RICHIESTA DI ULTERIORI INDAGINI
Il GIP del Tribunale di Vicenza lo scorso giugno ha respinto la richiesta di indagini più approfondite che erano state largamente indicate e specificate. Una conclusione inaccettabile, sostiene la famiglia, perchè “la morte di un ragazzo di 24 anni, nel pieno delle sue forze e in quelle condizioni di lavoro, non ha una spiegazione plausibile e le responsabilità non sono state accertate con gli approfondimenti che il caso avrebbe meritato”.
L’ISTANZA DI RIAPERTURA DELLE INDAGINI
La disperazione in casa Gutanu è totale. La madre, che risiede nel paese di origine e ogni giorno si reca sulla tomba dove è sepolto il figlio a piangerlo, insieme alla sorella, chiedono giustizia e che sia fatta piena luce.
Con l’istanza di riapertura delle indagini, l’avvocato Caretta pone l’accento anche sullo stillicidio quotidiano delle morti sul lavoro, “una piaga che affligge il Paese” usando le parole del Presidente della Repubblica.
“Il sistema normativo italiano in materia di sicurezza sul lavoro – afferma il legale – può essere considerato, a ragione, tra i più completi e avanzati del mondo occidentale. Il problema non è di norme che mancano o che sono inadeguate, il problema è che il sistema normativo sia affiancato anche da un sistema efficace ed efficiente di controlli e di repressione delle violazioni”.
E conclude richiamando l’attenzione sul ruolo che è chiamata a svolgere la Giustizia affermando che non sarà possibile uscire da “questa spirale viziosa e tragica se accanto al patrimonio di conoscenze, esperienza, linee guida, norme cautelari, regolamenti e leggi, non manteniamo alta anche l’efficienza del sistema repressivo. Al contrario, la scarsa severità su eventi così drammatici contribuisce ad alimentare la cultura del facile profitto, della disorganizzazione, del disvalore della sicurezza, del disvalore del lavoro, del lavoro-sicuro”.