Basta violenza su donne e bambini: oggi 25/11 diretta web con Movimentiamoci e altre associazioni (ore 18,30)

Basta violenza su donne e bambini: oggi 25/11 diretta web con Movimentiamoci e altre associazioni (ore 18,30)

Vicenza, 24 novembre 2020 – In vista della prossima ricorrenza della Giornata internazionale contro la violenza alle donne – 25 novembre 2020 – denunciamo un generalizzato attacco alla libertà di bambine, ragazze e donne sostenuto della stragrande maggioranza delle rappresentanze politiche e che passando per i divieti all’aborto, alla regolamentazione della prostituzione come anche quella della pratica dell’utero in affitto, mirano all’obiettivo patriarcale di sempre: il controllo e lo sfruttamento dei corpi di donne e bambini. 

Denunciamo in particolare la pornografia, sempre più  violenta e diffusa, e che è diventata l’educazione sessuale vincente e che danneggia  fa ammalare le nostre adolescenti costringendole a misurarsi con un modello deumanizzante e schiavista degno di un sistema che possiamo definire solo come “prostituente” a tutti i livelli ed ambiti.  

In questa atmosfera particolarmente violenta, che rinforza l’idea delle donne come oggetti al servizio della soddisfazione di desideri (e non diritti!) altrui, non stupisce che i dati relativi al contrasto di quest’ultima siano così negativi (vedi ultima relazione Istat) e i tentativi di arginarla inefficaci.

Nel mese di ottobre la ministra Bonetti ha annunciato l’istituzione di una Conferenza straordinaria antiviolenza in vista della stesura del Piano strategico Nazionale antiviolenza 2020-2023. Cogliamo questa occasione e in vista anche della Giornata internazionale contro la violenza alle donne del prossimo 25 novembre per analizzare i motivi del sostanziale fallimento delle politiche dell’antiviolenza ed avanzare le nostre richieste per un radicale cambio di passo.

Vogliamo intanto contrastare l’inutile e dannosa narrazione della violenza contro le donne che abilmente focalizza l’attenzione sulla violenza fisica e il femminicidio, mentre la violenza che più temono le donne e a ragion veduta è quella ECONOMICA. 

Chiunque abbia cognizione della dinamica della violenza e maltrattamento domestico, sa bene che la violenza fisica rappresenta solo una parte minima in una situazione dominata dalla continua tensione e minaccia e finalizzata al dominio psicologico delle vittime raggiunto efficacemente proprio attraverso l’isolamento sociale e la sottrazione di risorse economiche, cioè di autonomia. 

Soprattutto per le madri, che rappresentano il 67,7% delle vittime di violenza, la preoccupazione per come potranno sostenere e propri figli e le spese legali sono i principali ostacoli al prendere la decisione di interrompere la spirale di violenza nella quale sono imprigionate con i propri figli.

Un altro ostacolo alla denuncia connesso alla mancanza di risorse economiche e di protezioni sociali è rappresentato dal rischio di vedersi rinchiudere, come unica alternativa, insieme ai propri figli in “rifugi” dove perderanno ogni autonomia e libertà per un tempo che in media è piuttosto lungo (circa due anni) mentre il loro aguzzino è in genere libero di continuare ad agire e soprattutto impunito. A questo proposito denunciamo e condanniamo con forza la recente proposta di legge della senatrice Donatella Conzatti che prevede e finanzia l’incremento di interventi che mirano al recupero degli uomini maltrattanti e consideriamo dannoso sia perchè rinforza l’idea sbagliata che la violenza maschile sarebbe inconsapevole o frutto di una patologia curabile,  e in secondo luogo storna preziose risorse dell’antiviolenza a favore di programmi già valutati come fallimentari da tutte le ricerche internazionali a nostra disposizione, ma anche dai bilanci dei Cam (Centri per uomini maltrattanti) che operano in Italia da diversi anni. Facciamo riferimento invece ad una recente sentenza del Tribunale di Trento del Procuratore Sandro Raimondi (Aprile 2020) che ha giustamente rilevato, e come anche previsto dalla legge antimafia, che dal momento che si prende in considerazione la necessità di mettere in sicurezza o protezione una donna, significa che è gravemente minacciata da qualcuno e che questa considerazione giustifica la reclusione del reo piuttosto che quella della vittima.

Il numero delle archiviazioni delle denunce per violenza domestica e sessuale presentati dalle donne presso le questure come anche l’esito dei processi che invece vengono celebrati, dimostrano ampiamente come ancora oggi è molto difficile dimostrare e vedere punita adeguatamente la violenza contro le donne e ancora di più quella contro i bambini. Tutto ciò ha ovviamente a che vedere con il potere, cioè con la capacità sociale di far valere ed imporre il proprio punto di vista e valori;  questi esiti dimostrano come il potere sia ancora saldamente ancorato alla visione maschile del rapporto tra i sessi. 

La feroce violenza istituzionale, alla quale sono esposte le vittime dopo le loro denunce ne è la testimonianza materiale. Dall’approvazione della legge 54 del 2006 sull’affido condiviso, infatti, si è costituito un potente sistema di ridefinizione della violenza domestica riducendola a “conflittualità” e di una condanna delle vittime alla relazione obbligatoria con il loro aguzzino finalizzata a restaurare ad ogni costo i legami familiari in nome dell’astratto “maggiore interesse del minore”. 

In questo contesto le madri che tentano di tutelare i propri figli da abusi e violenze sono definite “alienanti, non-collaborative, ecc.” alla stregua, cioè, di  pericolose criminali e i loro figli usati dalle istituzioni come armi di minaccia e addirittura accessori di pena quando, non potendosi comporre la teorica “famiglia del Mulino Bianco” in percorsi persecutori che durano anni nei tribunali e presso i servizi che le danneggiano economicamente e moralmente, questi bambini saranno collocati con la forza e contro la loro volontà o presso i loro maltrattanti o in comunità. 

Anche nelle cosiddette separazioni consensuali questa legge ha comunque provocato un impoverimento e peggioramento delle condizioni di vita delle madri e dei bambini. Preoccupa ancora di più che questa mal-interpretata “parità”, che di fatto sta ripristinando con violenza il principio della Patria Potestà,  sia oggetto di un progetto a livello europeo.

A questa situazione vergognosa, gravissima, non degna di un paese civile, hanno contribuito insieme, infatti,  le potenti lobby dei padri separati e la politica paritaria che sempre più tende ad annullare le differenze tra i sessi e soprattutto negare le evidenti condizioni di svantaggio economico-sociale in cui si trovano le donne nel nostro paese. La violenza non è di genere, la violenza è maschile e contro le donne ed i bambini. 

Le cifre e le statistiche sono purtroppo piuttosto eloquenti a riguardo. Il paese è bloccato nella impossibilità di tirare fuori le donne dalla segregazione del non lavoro, dalla gratuità dei lavori di cura è dalla impunità della violenza come sistema coerente di ripristino dell’ordine maschile. Diciamo no all’attacco generale ai  diritti ed alla libertà delle donne in Europa. Il contrasto alla violenza non può essere condotto con i pannicelli caldi dell’antiviolenza dei CAV e le narrazioni  paritarie della politica italiana

CHIEDIAMO

–  L’abolizione della legge 54 del 2006;

–  che le Procure adottino la prospettiva della sentenza del tribunale di Trento e cioè dell’allontanamento e reclusione dei maltrattanti piuttosto che di madri con i loro bambini;

–    la cancellazione del patteggiamento, quindi della riduzione di pena, per i crimini contro i bambini e le donne;

–  che sia prevista la restrizione della responsabilità genitoriale al maltrattante in presenza di denunce per violenza domestica;

–  di destinare i fondi antiviolenza al sostegno legale e materiale delle vittime e di cura dei traumi da violenza piuttosto che in programmi inefficaci di recupero dei maltrattanti;

–      che in ogni pronto soccorso sia presente un Soccorso Rosa;

–      che nelle separazioni giudiziali sia vietata la consulenza tecnica d’ufficio; 

–      che sia istituito il sistema di rilevazione nazionale violenza;

–  un intervento giuridico  che strutturi i CAV  come enti pubblici a carico della fiscalità generale;

–      che i CAV operino secondo obiettivi e procedure operative ordinati da una  disciplina omogenea nazionale che individui i requisiti per:

> la  distribuzione territoriale per bacino di utenza

> i criteri di accesso

> gli obiettivi

> la dotazione organica quanti qualitativa

> le procedure operative

> il piano di intervento personalizzato e condiviso tra CAV e ciascuna donna

> i sistemi di valutazione dell’attività

> l’integrazione operativa con S.S., Tdm, T. civile e penale, servizi sanitari per la donna ed il bambino, le Camere di Commercio e gli Uffici del lavoro, Codice Rosa.

QUI LA DIRETTA: https://www.facebook.com/events/3430774443701913

Firmato

Collettivo Donne In-Curanti

Associazione MovimentiAMOci Vicenza 

Comitato Madri unite contro la violenza istituzionale

Collettivo femminista radicale Luna Rossa

Gruppo MaternaMente

Onda femminista radicale

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