Modifiche alla Costituzione – Ellero attacca Nordio: sul piano giuridico è «evanescente» e all’ex magistrato rinfaccia la condotta della procura di Venezia sul caso Orsoni

Modifiche alla Costituzione – Ellero attacca Nordio: sul piano giuridico è «evanescente» e all’ex magistrato rinfaccia la condotta della procura di Venezia sul caso Orsoni

Vicenza, 13 settembre 2022 – «Quando si parla di riforme, specie nella materia costituzionale o in quella penale, bisognerebbe avere cognizione di causa e bisognerebbe avere un minimo di padronanza dell’argomento. Purtroppo in questo scorcio di campagna elettorale sto sentendo tante sciocchezze al riguardo». Renato Ellero, noto penalista vicentino di origini veneziane ha insegnato per molti anni diritto all’Università di Padova. Intervistato da Lineanews.it Ellero, che ha un passato da senatore nel Carroccio, dal quale uscì sbattendo la porta denunciando condotte poco commendevoli in seno al partito, accende i suoi riflettori verso Carlo Nordio. Già magistrato di punta alla procura di Venezia, Nordio è uno dei candidati di spicco alle prossime politiche tra le fila di Fdi: tanto che si parla di lui anche come prossimo Guardasigilli. Di recente Nordio ha fatto parlare molto di sé (articolo su quotidano.net) anche preconizzando una modifica della norma che sanziona il reato di abuso d’ufficio: si tratta di una posizione che però ha scatenato parecchie critiche da parte di chi teme una deriva lassista delle leggi per il contrasto ai reati tipici dei colletti bianchi.  

Dunque professor Ellero in queste settimane sui quotidiani si è parlato molto di riforma della giustizia. Ne hanno parlato soprattutto i candidati di centrodestra. Lei che idea si è fatto sull’argomento?

«Parlare oggi di giustizia dopo i danni della riforma Cartabia ha ancora senso?

Sì però il centrodestra insiste molto, tra le tante, su alcuni aspetti. Abolizione della obbligatorietà della azione penale, abolizione del reato di abuso d’ufficio. Lei come commenta?

«E come vuole che commenti? Si tratta delle pulsioni tipiche di chi vuol rendere de facto impossibile alla magistratura perseguire gli illeciti dei colletti bianchi. Spingersi così in fondo significa sfasciare quel poco di equità che rimane nella concezione del diritto».

Il suo è un giudizio molto severo. Lei ha già messo in contro che qualche suo collega la criticherà duramente?

«E allora? Questa è la realtà, io non mi nascondo dietro un silenzio di comodo. In molti ormai stanno gettando la maschera dicendo apertis verbis agli elettori che ciò di cui l’Italia ha bisogno è una vera e propria giustizia di classe. Glielo dice uno che non ha una formazione politica di sinistra. E glielo dice uno che ad ogni piè sospinto attacca la magistratura che è ormai una succursale della gestione più becera del potere politico ed economico».

C’è chi però non la pensa come lei e dichiara che in Italia serve molto più garantismo. Tra questi c’è Carlo Nordio. Lei che dice al riguardo?

«Sarebbe garantista quel Nordio che da pubblico ministero a Venezia non ebbe nulla da dire sull’arresto dell’ex sindaco lagunare Giorgio Orsoni che per quella vicenda non solo non doveva, ma soprattutto non poteva essere arrestato?».

Sarebbe a dire?

«Non voglio entrare in tecnicismi giuridici. Tuttavia quando scoppiò l’affaire Mose Orsoni venne indagato finendo ai domiciliari, per poi finire scagionato dopo un complessissimo iter giudiziario».

Con che accusa?

«Detto in modo semplicistico avrebbe beneficiato di alcuni finanziamenti in campagna elettorale di cui non avrebbe potuto beneficiare in quanto candidato sindaco».

Ebbene?

«Ebbene le leggi stabilivano allora come quel divieto fosse in capo solo ai candidati consiglieri comunali».

In gergo giuridico si dice reato proprio. È corretto?

«Sì. All’epoca appunto le leggi non prevedevano quel profilo penale in capo al candidato sindaco. Io lo dichiarai subito in una intervista che fece scalpore nell’ambiente forense e delle indagini. Mai nessuno però tra lorsignori con la toga si peritò di rispondermi perché costoro sapevano che avevo ragione. Sapevano che li avevo beccati in castagna».

Lei si pose qualche domanda all’epoca?

«All’epoca mi chiesi una cosa molto semplice. Non è che per caso qualcuno in alto loco in quella circostanza decise che siccome con quella inchiesta erano finiti in guai grossi per lo più esponenti di area centrodestra, anche se pure il centrosinistra fu toccato, pensò di controbilanciare quella situazione sulle spalle del povero Giorgio Orsoni, che peraltro ne uscì processualmente intonso ma pagando un prezzo personale altissimo? Sarebbe questo il garantismo di Nordio? E le parla uno che Nordio lo conosce bene».

Davvero?

«Sì. Quando io ero senatore della Lega, nei primi anni Novanta, fu appunto il sottoscritto ad avvicinare Nordio ad alcuni ambienti importanti del centrodestra. Di più. Nordio fu presidente di una commissione ministeriale per la riforma della giustizia di cui io non ero componente: ma della quale conoscevo bene alcuni membri di peso. In più di una occasione in quel consesso dovetti difenderlo, sul piano personale più che altro, dagli altri componenti di quella commissione. I quali gli rinfacciavano lo scarso spessore giuridico. Io difesi Nordio appunto da alcuni attacchi personali perché lo ritenevo mio amico e perché lo ritenevo giusto sul piano umano: ma è fuori di dubbio che sul piano della scienza giuridica l’uomo sia evanescente».

Ma siete rimasti amici?

«Non direi».

Perché?

«Nel 2015 fui colpito da un ictus che mi rese semiparalitico o emiplegico se si preferisce il termine usato dai medici. Per quella vicenda sto ancora battagliando per la condotta dell’ospedale di Vicenza e per le coperture che a quest’ultimo ha fornito la magistratura, vicentina in primis. Sono cose note: finite sui quotidiani veneti e nazionali. Però dopo il mio infortunio Nordio ben si guardò dal chiamarmi. Non mi fece nemmeno uno squillo. Che vuole che le dica. È un poveretto che ama stare vicino ai potenti».

Insomma perché Nordio avrebbe dovuto avercela con lei?

«Forse perché lo criticai duramente proprio per come da pubblico ministero seguì la vicenda Orsoni? Da giurista e da amico di Giorgio io dissi non solo quello che pensavo da un punto di vista umano: ma dissi come stavano le cose anche sul piano penale. Qualche tempo dopo la storia mi ha dato ragione. Ribadisco. Orsoni venne scagionato. Evidentemente gli anni passati da me ad insegnare diritto all’università e i processi vinti in mezz’Italia qualcosa vorranno ben dire».

Epperò si torna a parlare di riforme. Si parla molto di potenziare la immunità parlamentare. Lei che dice al riguardo?

«Non mi stupisco che Nordio abbia rimesso in pista questa solfa che spunta ogni tanto dopo Tangentopoli».

Sì però chi sostiene questa riforma spiega che serve per garantire il ruolo del parlamentare. Ruolo che a sua volta ha profili di garanzia costituzionale. O no?

«Ma per cortesia. Di tanto in tanto c’è un carneade del diritto che si improvvisa scienziato».

Che vuole dire professore?

«Ma è ovvio che il profilo del parlamentare goda di tutele sacrosante. Glielo dice uno che è stato discepolo di uno dei più grandi padri costituzionalisti nonché giuristi del Paese. E parlo di Giuseppe Bettiol: non dei costituzionalisti da rotocalco che si aggirano per i salotti televisivi in cerca di un potente da omaggiare».

E quindi?

«E quindi la garanzia costituzionale venne scritta e deve rimanere per tutelare l’attività politica e la libertà di espressione del parlamentare. Dopo la Seconda guerra mondiale l’Italia usciva dal fascismo che negli anni Venti era andato al potere con le sprangate e con gli omicidi: a partire dall’omicidio di Giacomo Matteotti. Ce lo ricordiamo l’omicidio Matteotti? O i big di Fdi, il partito guidato da Giorgia Meloni che ha candidato Nordio, se lo dimenticano? A metà degli anni ’40 i costituenti però non pensarono certo alle guarentigie parlamentari per permettere a certi personaggi di danzare a suon di tangenti e di banchettare a suon di reati commessi in combine coi poteri economici, finanziari e via dicendo. Servirebbero altre riforme invece».

Quali?

«Ne ho parlato mille volte. Ma come si dice non c’è più sordo di chi non vuol sentire e i tacchini non festeggiano il natale».

Può fare uno sforzo?

«Allora senza addentrarci in concetti troppo specialistici si può dire questo. Alcune riforme a costo zero si possono fare domani. Per esempio un magistrato non dovrebbe stare all’interno di uno stesso distretto giudiziario per più di una decina d’anni. Poi dovrebbe cambiare regione e non una regione confinante. Poi occorrerebbe istituire degli organi di vigilanza sui patrimoni dei magistrati. E mi riferisco anche a quelli del Consiglio di Stato su alcuni trascorsi del quale per decenza non mi esprimo. Poi va stabilito una volta per tutte che un magistrato non può esercitare, semplifico il termine, nella città in cui esercita il parente avvocato».

Scusi professore ma la legge già sancisce questo divieto. Sì o no?

«Sì, però il Csm fa il cavolo che vuole e con alcuni provvedimenti che meriterebbero la garrota se ne frega bellamente».

Di conseguenza?

«Di conseguenza servirebbe una legge che faccia decadere all’istante quel Consiglio superiore della magistratura che non trasferisce i magistrati in conflitto di interesse».

Tutto qui?

«No. Servirebbe poi una riforma di rango costituzionale per istituire un organo speciale che in determinati casi giudichi i magistrati a processo».

Per quale ragione?

«Perché quello del magistrato che non tocca il collega è un refrain inaccettabile. Certe inerzie non sono perdonabili».

Lei pensa a qualche tipologia di inchiesta in particolare?

«Parlo di certe inchieste per le violenze patite dalle donne. Parlo di certe inchieste in cui sono parte offesa coloro che necessitano o non necessito di un tutore legale. Parlo di alcune inchieste sul mondo degli assistenti sociali e dei consulenti dei tribunali nonché delle procure. Parlo di alcune inchieste sui reati ambientali e sulle condotte dei tribunali fallimentari. Parlo di certe inchieste scottanti sulla mafia, sulla massoneria cosiddetta deviata o sui servizi cosiddetti deviati. Devo andare avanti ancora per ore?».

È un elenco lungo?

«Veda un po’ lei. Vogliamo parlare per esempio dell’affaire Tornotti in cui Nordio, che solitamente pontifica circa la necessità di ridurre le spese della magistratura quando si parla di intercettazioni, ebbe poco o nulla da ridire sulle consulenze astronomiche autorizzate dalla procura di Brescia in cui era procuratore aggiunto Sandro Raimondi, sulla cui condotta avrebbe potuto astrattamente accendere un fanale proprio il magistrato veneziano Nordio? È infatti la procura di Venezia che indaga per eventuali reati commessi dai magistrati bresciani. E c’è un ma».

Quale ma?

«Il guazzabuglio logico di questi anni ha fatto sì che Raimondi sia divenuto procuratore capo a Trento dove appunto la procura è invece competente per eventuali reati commessi dai magistrati veneti fra i quali all’epoca del caso Tornotti c’era Nordio. L’affaire delle consulenze pazze peraltro venne ben raccontato da Luigi Ferrarella su Corriere.it del 2 febbraio dell’anno scorso. Tuttavia di quella oscura vicenda nei radar della campagna elettorale non c’è traccia».

Come mai?

«La memoria corta, anzi la memoria selettiva, è un male incurabile del nostro Paese».

A proposito di reati ambientali che lei menziona, a Vicenza è scoppiato un mezzo putiferio quando pochi giorni fa si è saputo che la procura ha chiesto l’archiviazione della inchiesta sulle malattie patite dagli ex dipendenti Miteni sul luogo di lavoro. Lei come ha accolto la notizia?

«Non voglio apparire cinico ma la cosa non mi ha stupito. Tuttavia la Cgil e i legali dei lavoratori hanno fatto bene a indirizzare quell’aut aut a Borgo Berga impugnando il provvedimento ed esternando in modo durissimo la propria contrarietà. A Borgo Berga, e non solo lì peraltro, certi magistrati dovrebbero spiegare un’altra cosa».

Quale?

«Se il rapporto Onu-Ohchr firmato dal professor Marcos Orellana, che ora è ufficiale, ha addebitato alla Regione Veneto omissioni di ogni tipo che si sono concretizzate in violazioni dei diritti umani sui residenti, come diavolo è stato possibile che pochi anni fa la procura berica abbia archiviato l’inchiesta a carico di alcuni funzionari riferibili alla amministrazione regionale o alle agenzie a quest’ultima riferibili?».

Lei sta descrivendo alcuni semplici episodi o è in atto una vigorosa tendenza?

«Da tempo è in atto una tendenza».

In tutta Italia?

«Sì, ma nel Veneto la cosa avviene in modo soavemente sfacciato».

Ne è sicuro?

«Sì. Più in generale possiamo dire che il potere tende progressivamente a distillare sé stesso in una miscela sempre più esplosiva».

Una miscela fatta di quali ingredienti?

«Dispotismo e cialtroneria. E al momento non vedo troppi anticorpi nel Paese. Gli italiani sembrano avere pochi attributi. La situazione è critica e il collasso, il prolasso verrebbe da dire, è in corso da molto tempo».

(Nel riquadro in alto un ritratto recente del professor Renato Ellero)

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