Il ritorno degli Gedi – La parabola dell’ex antisistema grillino D’Incà si incrocia con quella di Marchi e Possamai: due pezzi da novanta del sistema veneto

Il ritorno degli Gedi – La parabola dell’ex antisistema grillino D’Incà si incrocia con quella di Marchi e Possamai: due pezzi da novanta del sistema veneto

Venezia Mestre, 18 febbraio 2023 – Da paladino della lotta al sistema a consulente di una delle casate finanziarie più importanti del sistema, almeno a Nordest. È questa la parabola che nel giro di pochi anni, quantomeno dal 2013, ha portato il bellunese Federico D’Incà dalla militanza nel M5S, agli scranni parlamentari nello stesso movimento e poi su su fino a palazzo Chigi come ministro per i rapporti col parlamento per poi, dopo avere abbandonato i Cinque stelle accusati della caduta del governo Draghi, fino alla carica di consulente strategico per il gruppo Save. Lo racconta, con toni assai lusinghieri, il Gazzettino di Venezia di oggi 18 febbraio in pagina 9. Save, che controlla gli aeroporti veneti e non solo, altro non è che la super holding privata riferibile a Enrico Marchi. Quell’Enrico Marchi conosciuto per anni (anche grazie alle indimenticabili inchieste del giornalista Renzo Mazzaro) come il finanziere più vicino all’ex governatore del Veneto Giancarlo Galan nella cui giunta l’attuale governatore veneto Luca Zaia fu per anni il riconosciuto numero due.


LA TORRE DI CONTROLLO

D’Incà dalla torre eburnea, se non torre di controllo, di Save, godrà di un punto di vista privilegiato sul Triveneto. Anche perché avrà come collega di desk quel Paolo Possamai (ex direttore tra le altre de «la Nuova Venezia», de «il mattino di Padova» e de «la Tribuna di Treviso») che da qualche tempo è consulente strategico per le relazioni istituzionali del Gruppo Save e della controllante Banca Finint: quest’ultima sempre riferibile a Marchi. Rimane da capire se la carambola di D’Incà sia frutto degli eventi, delle circostanze in una col pragmatismo innato dell’ex «contabile di Trichiana», come lo chiamavano alcuni attivisti della prima ora o se invece, come sostengono non pochi militanti della base del M5S, quella parabola sia stata pianificata a tavolino da qualche mente «mediamente raffinata». La quale in un solco cripto-doroteo aveva già dal principio identificato i volti più adatti a normalizzare la spinta inevitabilmente «populista o anti-sistema» che settori del M5S si portavano dentro.

IL CAPOGRUPPO POCO OSTILE A ZAIA

Ma tant’è ora c’è un altro dubbio che si materializza all’orizzonte dell’opinione pubblica veneta. Siccome Paolo Possamai (che incidentalmente è il babbo di Giacomo, capogruppo del Pd in consiglio regionale veneto, considerato il democratico meno ostile a Zaia nonché papabile futuro sindaco di Vicenza) potrebbe essere il vero regista del passaggio di proprietà dei quotidiani veneti Gedi-Repubblica (che diresse peraltro) dalla famiglia Agnelli ad una non ben precisata cordata di imprenditori veneti coordinati da mister Marchi, non è che qualche giornalista di quel gruppo, desideroso di mantenere il posto in caso di tagli, abbia già in mente di chiedere un appuntamento alla nuova trimurti, professando la sua fede in un giornalismo compassato, moderato, pro mercato e realista? Ultimo dettaglio: per anni un pezzo importante del M5S veneto non fu tenero con le mire di Marchi. Basti pensare alla querelle sull’ampliamento dello scalo di Tessera.


IL SILENZIATORE

Epperò i vertici veneti silenziarono e sopirono quasi sempre quegli attacchi alla galassia di Marchi, che è uno degli uomini chiave del sistema di potere che tra politica, economia, finanza e sodalizi vari, nel Nordest riveste un ruolo cruciale. La stessa «mordacchia», più o meno vigorosamente, fu messa al gruppo Grandi opere del M5S: «reo» di essersela presa, anche, con la Superstrada pedemontana veneta, preconizzando (in buona compagnia con altri) quel bagno di sangue finanziario che poi si è rivelata essere la Spv.

MAGAGNE: OCCULTE E NON

Da D’Incà verso la galassia Marchi non fu mai indirizzato un attacco degno di questo nome: quando le criticità invece si sprecavano e si sprecano. In questo senso fa una certa tenerezza rileggere il sunto 2013-2015 della attività parlamentare di D’Incà diramato da lui stesso nel marzo del 2016. Le magagne più o meno occulte del Veneto sono rimaste immutate: quello che invece è cambiato nel tempo è lo spostamento del movimento verso lidi più affini a quelli del ceto dirigente del Paese. Di più, quando nella giunta romana capitanata dall’ex sindaco pentastellato Virginia Raggi, giunse dal Trevigiano quel Massimo Colomban ben vicino alla galassia Zaia-Galan-Marchi, D’Incà fu uno dei più entusiasti sostenitori del top manager della Marca prestato alla politica.


IL TROJAN

Segno che la «normalizzazione» era già cominciata. Oppure che la normalizzazione era già stata introdotta ab ovo, magari con un trojan fatto passare in una delle tante back-door approntate all’uopo, quando in qualche stanza, al riparo da occhi indiscreti, un gruppo di figuri addentro ai giri che contano iniziò a cimentarsi con la programmazione di quella app socio-politica poi assurta alle cronache col nome commerciale di M5S. Le cui spore, più o meno spurie, finiscono per essere attratte da questo o da quell’ambiente.

RIEN NE VA PLUS: SPARITO IL SITO WEB

Al netto di tutto il movimento che doveva aprire l’Italia come una scatoletta di tonno si è rivelato, sul piano delle lusinghe del potere, assai simile agli altri. «Faites vos jeux. Les jeux sont faits. Rien ne va plus» si dice nei casinò: anche e soprattutto a Venezia. Roso dalla mestizia, o disilluso dalla sua stessa storia, l’ex ministro o chi per lui ha fatto sparire dal web il sito www.federicodinca.it. Tuttavia chi scrive, forse per una passione un po’ feticistica per il modernariato politico, ha deciso di conservare quel «depliant», con annesso libromastro, pieno di stelline gialle dal bordo nero.

1 Comments

  1. Gianni Padrin

    Ai bei tempi delle lotte interne del ex Movimento 5 Stelle del Veneto, io e molti altri, l’abbiamo avuto come 1 dei bersagli primari da demolire a tutte le regionali dal 2012, oltre alla Banda dei 4 regionali FalsoPentastellati con a capo il berluskoniano Berti, figlio di papà e mammà, sposato berluskonetta, poi la fascistella chioggiotta Baldina, poi il leccapiedi Skarabel e il tonto Brusko, anche altri parlamentari lecca Grillo-Britannia & J.P.Morgan Kasalercio (così li chiamavamo), fra cui spiccava proprio il suddetto Trichianese “che non lo votavano manco i trichianesi”, tal D’incà. Personaggetto demokristiano di destra, pronto a montare sul carro dei vincitori dell’epoca, nonostante prendesse carretti di m. . . ad ogni regionale. Nessuno di tutti questi ha mai fatto il Pentastellato nei fatti, tutti pro Zaia o pro Roma, tanto che sono stati sfiduciati da quasi 300 dell’assemblea regionale già da subito, viste anche le modalità delle elezioni interne. Bruttissimi ricordi, compreso il nulla cosmico del Bibbitaro, ben conosciuto, o tal Fico, che erano per noi, anche degli emeriti ignoranti professionisti, che hanno distrutto la base, insieme al Dibba, con la famosa Lettera dove noi eravamo di valore nullo e gli eletti erano intoccabili. Tanto che poi abbiamo vinto 2 cause a Roma, proprio contro Grillo, Dimma e altri, su chi era il proprietario della Lista dei soci del Movimento e . . .

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.