Vicenza, 5 novembre 2022 – Secondo Renato Ellero, già docente di diritto all’università di Padova e penalista di lungo corso, il decreto legge recentemente varato dal governo per contrastare i raduni illegali o meglio i rave party è stato scritto «coi piedi e contiene alcuni passaggi che non promettono nulla di buono per quanto riguarda la tutela delle libertà personali». Tanto che il penalista vicentino di natali veneziani intervistato da Lineanews.it spara a zero su palazzo Chigi e si chiede: «Che cos’altro ci dovremo attendere in futuro?».
- Professor Ellero come ha accolto lei il cosiddetto decreto anti-rave party?
«È una buffonata, che peraltro presenta anche alcuni punti oscuri per le libertà individuali».
- Sarebbe a dire?
«Prevedere un aggravio delle sanzioni per i raduni pericolosi è problematico. Chi stabilisce e in ragione di quale criterio stabilisce che un raduno è pericoloso. Così facendo si dà corpo ad una fattispecie penalmente rilevante affidandone la identificazione a un organo amministrativo o alle forze dell’ordine. È chiaro che indirettamente si va a colpire chi manifesta. Provi lei ad immaginare alle occupazioni delle facoltà universitarie o alla occupazione da parte di un gruppo di disobbedienti che protestano contro una lottizzazione abusiva. Che cosa facciamo, equipariamo gli studenti o gli attivisti ai criminali o peggio ai mafiosi? È ovvio che alla fine può passare un messaggio in cui subdolamente si scoraggia il dissenso».
- Epperò alcuni esponenti della maggioranza di centrodestra sostengono che la norma così pensata, che peraltro può essere migliorata in sede di conversione in legge visto che il parlamento ha un paio di mesi appunto per convertirla, ha anzitutto un obiettivo in termini di deterrenza, visto che durante i rave-party spesso si fa uso di droga. Lei come replica?
«Per cortesia non diciamo scemenze. Magistratura e forze dell’ordine hanno già gli strumenti per intervenire se si ha il fondato motivo di credere che in un dato raduno si spacci massicciamente. Le norme già ci sono. Sentire poi dire sempre dai ranghi del governo che si appronta una norma restrittiva spiegando poi che magistratura e forze dell’ordine non la applicheranno è una bestemmia».
- Perché?
«Perché è come dire io scrivo una legge che bastona certi comportamenti ma poi di soppiatto chiedo a magistrati e forze dell’ordine di poter chiudere un occhio. Spingendoli de facto a compiere un reato perché il pubblico ufficiale che decide di non far rispettare una norma penale commette a sua volta un reato. Ma lei capisce che razza di bestialità sono costretto a sciropparmi in questo periodo? Faccio presente che questo decreto è uscito dal Consiglio dei ministri, non dal direttivo della bocciofila».
- E quindi?
«Su quel provvedimento oltre alla firma del premier Giorgia Meloni, che più o meno ha il diploma di una segretaria d’azienda, c’è la firma, tra le altre di due signori che in teoria dovrebbero capirci qualcosa di diritto».
- Lei parla del ministro degli Interni Matteo Piantedosi e del Guardasigilli Carlo Nordio?
«Sì. Ecco il primo, leggo sul suo curriculum (Ministro Matteo Piantedosi) è abilitato alla professione forense. Il secondo (Carlo Nordio, ndr) è un ex magistrato noto per essere stato il procuratore aggiunto a Venezia. Ora io mi domando come abbiano potuto avallare un decreto scritto coi piedi».
- Come hanno potuto?
«Lo chieda a loro. Io so solo che se quei due facessero con me l’esame di diritto penale durerebbero non più di due minuti. Tra l’altro per Nordio segnalo una contraddizione ciclopica».
- Una contraddizione? Di che tipo?
«Durante la campagna elettorale Nordio un giorno sì e un giorno pure ci ha infastidito con le sue uscite sul garantismo».
- Da questo punto di vista peraltro lei bollò alcune uscite dell’attuale inquilino di via Arenula (intervista su eventuali riforme costituzionali e “caso Orsoni”) come prese di posizione in cui il garantismo mascherava il favore verso una giustizia di classe molto meno dura con i reati tipici dei colletti bianchi. Allo stesso modo Nordio ha tuonato a più riprese contro l’eccesso di intercettazioni telefoniche. Lei che dice al riguardo?
«È proprio qui che casca l’asino. Quando tu prevedi pene massime superiori a cinque anni la possibilità di intercettare l’indagato o altri soggetti connessi all’inchiesta è consentita automaticamente dalla legge. Ora delle due luna, o Nordio è una ameba sul piano giuridico e si è bevuto così le rassicurazioni che giungevano dalla maggioranza rispetto al fatto che il decreto anti-rave alla fin fine non avrebbe fonito il destro ai magistrati per intercettare gli indagati, oppure è rimasto in silenzio perché è in mala fede. È ora di finirla. E pure la stampa deve smetterla di incensare personaggi di questo genere la cui consistenza per quanto riguarda la scienza giuridica è sì e no quella del pongo».
- Scusi professore, però il dottor Nordio, anche di recente ha ricevuto gli apprezzamenti di molti giornalisti. O no?
«Ma per piacere. Di che giornalisti parliamo? Di gente che è abituata a prostrarsi a chi ha un po’ di potere? Parliamo di quei giornalisti che sono arrivati a chiamare Nordio professore quando sappiamo bene che non solo non è mai stato un professore universitario, non solo non ha passato alcun esame che lo abilita alla docenza universitaria, ma soprattutto non ha alcun titolo di livello perché non ha mai pubblicato un corno sul piano scientifico? Ripeto i media dovrebbero smetterla di lisciare il pelo al politico, al ministro di turno o all’imprenditore di turno. Ribadisco anche che quel decreto è stato scritto coi piedi. E per di più contiene alcuni passaggi che non promettono nulla di buono per quanto riguarda la tutela delle libertà personali».-